14 aprile 2010

Il cav. Carlo Barca


Carlo Barca, mio padre, accolse con gioia che non capimmo la nomina a cavaliere. Il fatto è che la gente lo chiamava cavaliere da sempre. Non aveva altri titoli ché rimasto orfano a dieci anni, era cresciuto ospite della sorella Maria a Firenze ed aveva finito per abituarsi al titolo che i conoscenti gli avevano regalato. I primi a farlo erano stati i cancellieri della sezione commerciale del Tribunale di Roma dove nel pomeriggio svolgeva il suo secondo lavoro di esperto in diritto societario.
Ad avviarlo su quella strada era stato il notaio Penne, segretario dell'Associazione mazziniana di Roma, cui Carlo Barca fu iscritto fino al 1932. A Penne, generoso anche quando gli incontri con lui divennero clandestini (si vedevano la domenica al concerto del Pincio), Carlo Barca aggiunse poi due notai: Raoul Guidi e Schillaci Ventura, presso i cui due studi lavorarono successivamente i figli Mauro e Massimo, destinati a divenire notai.
( Carlo Barca, sull'Isonzo nel 1916, è al centro della barca)