27 settembre 2008

Socializzare la politica

Ho ritrovato un articolo " La globalizzazione" pubblicato il 25/1/2001 che così termina:
" E' il territorio il centro verso il quale far convergere una parte rilevante degli interessi della collettività, le " nuove soggettualità che operano in una fabbrica sociale diffusa nel sistema territoriale, i movimenti dal basso. Sia lecito ricordare che nell'immediato dopoguerra tre grandi maestri e capi del sindacalismo italiano, Di Vittorio, Buozzi e Grandi, ebbero quesata intuizione sia alla luce della realtà industriale e agricola di allora sia alla luce dei comprovati rischi di corporativismo. E attingendo alla peculiare memoria storica del riformismo italiano lanciarono e organizzarono su tutto il territorio italiano le Camere del Lavoro, come sedi fondamentali per fare incontrare categorie diverse e mediare interessi diversi. Ancora delle mode europee fu la particolare concezione sindacale della Cisl a portare a smobilitare senza quasi combattere - ricordo solo la streenua opposizionbe di Rinaldo Scheda - qusto decisivo istituto. Non si tratta oggi di riesumare per forza questo o quell'organismo, ma certo si tratta di dare vita a sedi territoriali diffuse dove possa maturare quella socializzazione della politica, a partire dal basso, senza la quale avremo solo leaders senza seguito referenziati da gruppi economico-finanziari o da ristrette lobbies.
Allora e solo allora l'intervento delle varie articolazioni dello Stato, che io non vedo necessariamente in opposizione al mercato smithiano, potrà avere un ruolo positivo anche in un'Europa che compia nuovi passi verso una vera unione".
Mi sembra di non aver detto, forse, cose inutili. E le ripeto oggi nel momento in cui i partiti quasi non esistono e non esiste una democrazia, sentita come tale.